Un soffio ardente allo spirito

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

Seneca

venerdì 7 dicembre 2007

Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie

Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie.

Coro di morti nello studio di Federico Ruysch

Sola nel mondo eterna, a cui si volve
Ogni creata cosa,In te, morte, si posa
Nostra ignuda natura;
Lieta no, ma sicura
Dall'antico dolor.
Profonda notte
Nella confusa mente
Il pensier grave oscura;
Alla speme, al desio, l'arido spirto
Lena mancar si sente:
Così d'affanno e di temenza è sciolto,
E l'età vote e lente
Senza tedio consuma.
Vivemmo: e qual di paurosa larva,
E di sudato sogno,
A lattante fanciullo erra nell'alma
Confusa ricordanza:
Tal memoria n'avanza
Del viver nostro: ma da tema è lunge
Il rimembrar.
Che fummo?
Che fu quel punto acerbo
Che di vita ebbe nome?
Cosa arcana e stupenda
Oggi è la vita al pensier nostro, è tale
Qual de' vivi al pensiero
L'ignota morte appar.
Come da morte
Vivendo rifuggia, così rifugge
Dalla fiamma vitale
Nostra ignuda natura;
Lieta no ma sicura,
Però ch'esser beato
Nega ai mortali e nega a' morti il fato.

Ruysch fuori dello studio, guardando per gli spiragli dell'uscio. Diamine.! Chi ha insegnato la musica a questi morti, che cantano di mezza notte come galli? In verità che io sudo freddo, e per poco non sono più morto di loro. Io non mi pensava perché gli ho preservati dalla corruzione, che mi risuscitassero. Tant'è: con tutta la filosofia, tremo da capo a piedi. Mal abbia quel diavolo che mi tentò di mettermi questa gente in casa. Non so che mi fare. Se gli lascio qui chiusi, che so che non rompano l'uscio, o non escano pel buco della chiave, e mi vengano a trovare al letto? Chiamare aiuto per paura de' morti, non mi sta bene. Via, facciamoci coraggio, e proviamo un poco di far paura a loro.
Entrando. Figliuoli, a che giuoco giochiamo? non vi ricordate di essere morti? che è cotesto baccano? forse vi siete insuperbiti per la visita dello Czar , e vi pensate di non essere più soggetti alle leggi di prima? Io m'immagino che abbiate avuto intenzione di far da burla, e non da vero. Se siete risuscitati, me ne rallegro con voi; ma non ho tanto, che io possa far le spese ai vivi, come ai morti; e però levatevi di casa mia. Se è vero quel che si dice dei vampiri, e voi siete di quelli, cercate altro sangue da bere; che io non sono disposto a lasciarmi succhiare il mio, come vi sono stato liberale di quel finto, che vi ho messo nelle vene. In somma, se vorrete continuare a star quieti e in silenzio, come siete stati finora, resteremo in buona concordia, e in casa mia non vi mancherà niente; se no, avvertite ch'io piglio la stanga dell'uscio, e vi ammazzo tutti.
Morto. Non andare in collera; che io ti prometto che resteremo tutti morti come siamo, senza che tu ci ammazzi.
Ruysch. Dunque che è cotesta fantasia che vi è nata adesso, di cantare?
Morto. Poco fa sulla mezza notte appunto, si e compiuto per la prima volta quell'anno grande e matematico, di cui gli antichi scrivono tante cose; e questa similmente è la prima volta che i morti parlano. E non solo noi, ma in ogni cimitero, in ogni sepolcro, giù nel fondo del mare, sotto la neve o la rena, a cielo aperto, e in qualunque luogo si trovano, tutti i morti, sulla mezza notte, hanno cantato come noi quella canzoncina che hai sentita.
Ruysch. E quanto dureranno a cantare o a parlare?
Morto. Di cantare hanno già finito. Di parlare hanno facoltà per un quarto d'ora. Poi tornano in silenzio per insino a tanto che si compie di nuovo lo stesso anno.
Ruysch. Se cotesto è vero, non credo che mi abbiate a rompere il sonno un'altra volta. Parlate pure insieme liberamente; che io me ne starò qui da parte, e vi ascolterò volentieri, per curiosità, senza disturbarvi.
Morto. Non possiamo parlare altrimenti, che rispondendo a qualche persona viva. Chi non ha da replicare ai vivi, finita che ha la canzone, si accheta.
Ruysch. Mi dispiace veramente: perché m'immagino che sarebbe un gran sollazzo a sentire quello che vi direste fra voi, se poteste parlare insieme.
Morto. Quando anche potessimo, non sentiresti nulla; perché non avremmo che ci dire.
Ruysch. Mille domande da farvi mi vengono in mente. Ma perché il tempo è corto, e non lascia luogo a scegliere, datemi ad intendere in ristretto, che sentimenti provaste di corpo e d'animo nel punto della morte.
Morto. Del punto proprio della morte, io non me ne accorsi. Gli altri morti. Né anche noi.
Ruysch. Come non ve n'accorgeste?
Morto. Verbigrazia, come tu non ti accorgi mai del momento che tu cominci a dormire, per quanta attenzione ci vogli porre.
Ruysch. Ma l'addormentarsi è cosa naturale.
Morto. E il morire non ti pare naturale? mostrami un uomo, o una bestia, o una pianta, che non muoia.

Ruysch. Non mi maraviglio più che andiate cantando e parlando, se non vi accorgeste di morire.

Così colui, del colpo non accorto,
Andava combattendo, ed era morto,

dice un poeta italiano. Io mi pensava che sopra questa faccenda della morte, i vostri pari ne sapessero qualche cosa più che i vivi. Ma dunque, tornando sul sodo, non sentiste nessun dolore in punto di morte?
Morto. Che dolore ha da essere quello del quale chi lo prova, non se n'accorge?
Ruysch. A ogni modo, tutti si persuadono che il sentimento della morte sia dolorosissimo.
Morto. Quasi che la morte fosse un sentimento, e non piuttosto il contrario.
Ruysch. E tanto quelli che intorno alla natura dell'anima si accostano col parere degli Epicurei, quanto quelli che tengono la sentenza comune, tutti, o la più parte, concorrono in quello ch'io dico; cioè nel credere che la morte sia per natura propria, e senza nessuna comparazione, un dolore vivissimo.
Morto. Or bene, tu domanderai da nostra parte agli uni e agli altri: se l'uomo non ha facoltà di avvedersi del punto in cui le operazioni vitali, in maggiore o minor parte, gli restano non più che interrotte, o per sonno o per letargo o per sincope o per qualunque causa; come si avvedrà di quello in cui le medesime operazioni cessano del tutto, e non per poco spazio di tempo, ma in perpetuo? Oltre di ciò, come può essere che un sentimento vivo abbia luogo nella morte? anzi, che la stessa morte sia per propria qualità un sentimento vivo? Quando la facoltà di sentire è, non solo debilitata e scarsa, ma ridotta a cosa tanto minima, che ella manca e si annulla, credete voi che la persona sia capace di un sentimento forte? anzi questo medesimo estinguersi della facoltà di sentire, credete che debba essere un sentimento grandissimo? Vedete pure che anche quelli che muoiono di mali acuti e dolorosi, in sull'appressarsi della morte, più o meno tempo avanti dello spirare, si quietano e si riposano in modo, che si può conoscere che la loro vita, ridotta a piccola quantità, non e più sufficiente al dolore, sicché questo cessa prima di quella. Tanto dirai da parte nostra a chiunque si pensa di avere a morir di dolore in punto di morte.
Ruysch. Agli Epicurei forse potranno bastare coteste ragioni. Ma non a quelli che giudicano altrimenti della sostanza dell'anima; come ho fatto io per lo passato, e farò da ora innanzi molto maggiormente, avendo udito parlare e cantare i morti. Perché stimando che il morire consista in una separazione dell'anima dal corpo, non comprenderanno come queste due cose, congiunte e quasi conglutinate tra loro in modo, che constituiscono l'una e l'altra una sola persona, si possano separare senza una grandissima violenza, e un travaglio indicibile.
Morto. Dimmi: lo spirito e forse appiccato al corpo con qualche nervo, o con qualche muscolo o membrana, che di necessità si abbia a rompere quando lo spirito si parte? o forse è un membro del corpo, in modo che n'abbia a essere schiantato o reciso violentemente? Non vedi che l'anima in tanto esce di esso corpo, in quanto solo è impedita di rimanervi, e non v'ha più luogo; non già per nessuna forza che ne la strappi e sradichi? Dimmi ancora: forse nell'entrarvi, ella vi si sente conficcare o allacciare gagliardamente, o come tu dici, conglutinare? Perché dunque sentirà spiccarsi all'uscirne, o vogliamo dire proverà una sensazione veementissima? Abbi per fermo, che l'entrata e l'uscita dell'anima sono parimente quiete, facili e molli.
Ruysch. Dunque che cosa è la morte, se non è dolore?
Morto. Piuttosto piacere che altro. Sappi che il morire, come l'addormentarsi, non si fa in un solo istante, ma per gradi. Vero è che questi gradi sono più o meno, e maggiori o minori, secondo la varietà delle cause e dei generi della morte. Nell'ultimo di tali istanti la morte non reca né dolore né piacere alcuno, come né anche il sonno. Negli altri precedenti non può generare dolore perché il dolore è cosa viva, e i sensi dell'uomo in quel tempo, cioè cominciata che è la morte, sono moribondi, che è quanto dire estremamente attenuati di forze. Può bene esser causa di piacere: perché il piacere non sempre è cosa viva; anzi forse la maggior parte dei diletti umani consistono in qualche sorta di languidezza. Di modo che i sensi dell'uomo sono capaci di piacere anche presso all'estinguersi; atteso che spessissime volte la stessa languidezza è piacere; massime quando vi libera da patimento; poiché ben sai che la cessazione di qualunque dolore o disagio, e piacere per se medesima. Sicché il languore della morte debbe esser più grato secondo che libera l'uomo da maggior patimento. Per me, se bene nell'ora della morte non posi molta attenzione a quel che io sentiva, perché mi era proibito dai medici di affaticare il cervello; mi ricordo però che il senso che provai, non fu molto dissimile dal diletto che è cagionato agli uomini dal languore del sonno, nel tempo che si vengono addormentando.
Gli altri morti. Anche a noi pare di ricordarci altrettanto.
Ruysch. Sia come voi dite: benché tutti quelli coi quali ho avuta occasione di ragionare sopra questa materia, giudicavano molto diversamente: ma, che io mi ricordi, non allegavano la loro esperienza propria. Ora ditemi: nel tempo della morte, mentre sentivate quella dolcezza, vi credeste di morire, e che quel diletto fosse una cortesia della morte; o pure immaginaste qualche altra cosa?
Morto. Finché non fui morto, non mi persuasi mai di non avere a scampare di quel pericolo; e se non altro, fino all'ultimo punto che ebbi facoltà di pensare, sperai che mi avanzasse di vita un'ora o due: come stimo che succeda a molti, quando muoiono.
Gli altri morti. A noi successe il medesimo.
Ruysch. Così Cicerone dice che nessuno è talmente decrepito, che non si prometta di vivere almanco un anno. Ma come vi accorgeste in ultimo, che lo spirito era uscito del corpo? Dite: come conosceste d'essere morti? Non rispondono. Figliuoli, non m'intendete? Sarà passato il quarto d'ora. Tastiamogli un poco. Sono rimorti ben bene: non è pericolo che mi abbiano da far paura un'altra volta: torniamocene a letto.

venerdì 30 novembre 2007

Sirena

Rimane sullo scoglio
la sirena che io bramo
e desister non si può
al suon del suo richiamo
e senza esitazion
il canto suo mi penetra
La breccia nel mio cor
non è mal voluta
ne avessi cinque o sei
più gioioso io sarei

lunedì 19 novembre 2007

et in arcadia ego

ET IN ARCADIA EGO

Qui giace polvere, cenere e niente....


Qui giace polvere, cenere e niente.


La vanità della vita ci circonda sempre. Ci mostra come le nostre azioni siano futili e inutili davanti all'eternità. Non ci è concesso scegliere accuratemente come spendere al meglio il tempo che ci viene concesso e non ci viene neanche dichiarato apertamente quanto vivremo. Siamo briciole per l'universo. Ieri eravamo stelle, oggi siamo carne e domani saremo polvere. Di noi non ci sarà ricordo nel tempo futuro. Quel che sembreremo ai posteri non è quel che siamo. Non c'è nulla di meglio nella vita che la vita stessa. Non la comandiamo e non saremo più quel che siamo nel giro di qualche decennio. E allora perchè la consideriamo come ciò che più ha valore? Perchè è la sola cosa che ci appartiene, seppur su di essa non possiamo far ciò che vogliamo. Belle speranze e bei progetti sfumano di fronte al Fato. Non si pensi tristemente a questo. Il Destino non è né felice né triste. Di lui hanno memoria le genti passate e ne avranno i popoli che avranno da venire. Lui ci rende consapevoli e ci mostra l'importanza di esistere.

mercoledì 7 novembre 2007

Certo, non si convene

Certo, non si convene
presiar donna, s'amore
no la vince o merzede.
Donqua, com' si mantene
lo leale amadore,
che vòl servire in fede?
Che per laudar menzogna non de' dire,
e ben fòra fallire
donna laudare, cui no stringe amanza
o per bon ciasimento o per pietanza.
(Gonella degli Anterminelli)

Fisiognomica antica (da un vecchio manuale del 500)

Della Fronte
Quelli che hanno la fronte grande sono pigri, ponderosi e assomigliano ai buoi.
Quelli che hanno la fronte piccola e stretta sono ignoranti, irosi, gran mangiatori e assomigliano ai porci.
La fronte rotonda denota iracondia e miserabilità.
La fronte larga significa sapienza.
La fronte ampia significa liberalità.
La fronte quadrata e moderata indica magnanimità, sapienza e sembianze leonine.
La fronte nebulosa indica audacia e somiglianza taurina e leonina.
Questo appare anche nei cani, quando hanno la fronte quieta sono timidi, ma quando hanno la fronte nebulosa sono iracondi.La fronte pallida denota melanconia.

Della testa
La testa acuminata nella sommità, indica uomo stabile di grossolano ingegno, irritabile, invidioso e non atto ad imparare.
La testa con mediocre grandezza, indica uomo ingegnoso, saccente, astuto e di buona memoria.
La testa piccola e non troppo lunga, indica uomo sensato, prudente e dotto.
La testa piccola ed il collo troppo lungo, indica sfortuna, debilitazione e pazzia.

Della faccia
Colui che ha la faccia macilenta è svelto e sollecito nel fare le cose.
La faccia troppo piccola indica pusillanimità, spesso assomigliano ai galli e alle scimmie.La faccia mediocre indica magnanimità.
La faccia rotonda indica ignoranza.
La faccia deforme indica cattivi costumi.
La faccia che senza aver fatto fatica alcuna, spesso suda denota lussuria e golosità.
La faccia concava dal principio della fronte sino alla fin del mento, denota cattivi costumi, perché abbiamo visto queste persone essere interessate, usurpatrici e ladre.

Delle sopracciglia
Non ti fidare delle ciglia unite che guardano in giù, né d'uomo nato guercio, non farti ammaliare dal suo parlare, perché d’animo falso, ladro e codardo, diceva Aristotele:
“…Rapace lupo con vita d’agnello, non ci fu mai un guercio che fosse perfetto, che non portasse malizia alcuna…”
Gli occhi che non guardano in giù, denotano cha l'uomo pensa a cose grandi.

Le sopracciglia che pendono, denotano invidia.
Le sopracciglia arcate, quando si congiungono al naso, significano sottile ingegno e grande studio.
Le ciglia lunghe denotano arroganza e persone dedite alla lussuria.

Dei capelli
I capelli biondi e molli sono di buon ingegno.
I capelli ricci significano superbia a malizia.
I capelli bianchi significano esser timidi a vergognosi.

Nella biltà di un sognato avvenire



Nella biltà di un sognato avvenire
sei apparsa vestita di un sol velo
che sfiorandoti con un vento sottile
avvolse il tuo cuore e il tuo seno.

Leggiadra come scesa dal cielo
sei giunta per il mio amore
ed io fui cieco
da tanto splendore.

Hai toccato le mie vinte membra
in un delicato palpitar di emozioni
che ancor vanamente sento.

Or però più non sembra
perché son sol illusioni
di ciò che penso.

mercoledì 31 ottobre 2007

La serie dei numeri

E tu bel bimbo, bimbo mio dolce,
dimmi, cosa vuoi che io ti canti?
Cantami dei numeri la serie,
sino a che io oggi non la impari.
Unica è la morte,
niente altro, niente più...
due i buoi legati al carro,
e sono tre le parti del mondo,
quattro le pietre di Merlino,
che affilano le spade degli eroi.
Unica è la morte,
niente altro, niente più...
E sul cammino che il tempo fa
cinque finora sono le età,
e sono sei le erbe che
nel calderone il nano mescolerà...
Sette sono i soli, sette le lune,
otto sono i fuochi accesi a Maggio,
attorno alla fontana sono nove
le fanciulle che danzano alla luna...
Unica è la morte,
niente altro, niente più...
E dieci vascelli sono venuti
portandoci la guerra da lontano.
Undici guerrieri sono tornati
quand'erano in trecento a partire...
Unica è la morte,
niente altro, niente più...
E sul cammino che il tempo fa
cinque finora sono le età,
e sono dodici i mesi che
giorno per giorno, da sempre
segnando va.
E dodici ancora sono i segni
che tu puoi leggere nel cielo,
guerra tra di loro han dichiarato,
questa che ti canto sarà la fine.
Unica è la morte,
niente altro, niente più...
Allora la tromba suonerà,
avremo fuoco e tuono,
pioggia e vento,
la serie dei numeri è finita,
per l'uno sai che non c'è serie:
Unica è la morte,
e due i buoi,
e tre la parti,
quattro le pietre,
cinque le etàe sei le erbe,
sette sono i soli,
sette le lune,
otto sono i fuochi
e nove le fanciulle,
ma dieci i vascelli,
undici i guerrieri,
dodici i segni,
dodici i mesi
e unica la morte,
da sempre madre del dolore.

...spazio filos...


Non lasciare troppo spazio alla ragione se non vuoi che la creatività ne sia oppressa.


Non è questa l'espressione di quelche mente superiore, nè di un libro sacro. L'ho pensata io. Non me ne vanto, anzi reputo che molti possano trovarsi in opposizione a tale affermazione. Io, per conto mio, ho cercato di sintetizzare un più vasto pensiero in queste poche parole. La mia riflessione è nata dall'ipotetica possibilità di costituire un individuo o una società basata solo sulla ragione. Tutto ciò sarebbe attuabile se venisse portata all'estremo la ragione, eliminando tutta la creatività. Indi tutti i ragionamenti sarebbero si compiuti tramite essa, ma per forza di cose, si dovrebbero effettuare su un materiale già in possesso. In pratica non si potrebbe costituire un qualcosa al di fuori delle nozioni precedentemente ottenute. Mi sorge spontaneo domandarmi come si fosse in grado di creare una qualsiasi idea se non si possa ipotizzare al di fuori del materiale tangibile. Non si può, in pratica, creare un mondo astratto dove realizzare nuovi pensieri. Quindi, in tal modo, si attuerebbe una società o un individuo, che usa solo la ragione, ma che è privo di immaginazione e che non riesce quindi a elaborare i propri dati. si lega solo a cognizioni già presenti il lui. Si sarebbe di fronte a un libro, che contiene in sè tutte le informazioni possibili, ma che è vuoto: non ha la capacità di sviluppare nuove cognizioni.

Riprenderò questo post, principalmente per rivedere punti complicati o che posso aver errato nella formulazione del pensiero.

mercoledì 24 ottobre 2007

...per riflettere....

Desidero pubblicare un post che ho avuto modo di leggere nel sito http://erinriver.wordpress.com/2007/10/15/per-continuare/ e che ritengo sia utile diffondere, almeno per volontà dell'autrice stessa:


Per continuare il post precedente voglio aggiungere soltanto che questo blog non vuole essere assolutamente un misero muro del pianto di una scappestrata qualsiasi o addirittura psicopatica ma, al contrario vuole essere un blog informativo sulla realtà o sulla verità della vita dei non vedenti per cercare il più possibile di abbattere quei pregiudizi alquanto strani che si sono installati nel profondo della mentalità di alcune persone. Mi vengono fatte ancora domande di questo genere: “Ma un non vedente fa colazione con l’aiuto di una persona che lo imbocca pazientemente?”. E ancora peggio: “Riescono a badare a se stessi? Si lavano, vestono, cucinano, stirano, camminano da soli?”. Ora di fronte a queste domande io rimango totalmente interdetta e per un attimo senza fiato. Mi manca anche un pò la volontà di rispondere e spiegare loro la realtà. Ma devo riprendermi perché molte di queste domande vengono fatte da madri che vogliono sapere se un non vedente è un buon partito per il loro figlio o la loro figlia. Cose da matti! Superiamo il fatto della colazione in quanto è proprio la cosa più assurda che le mie orecchie hanno sentito. Mi verrebbe da rispondere a tono ma, con tutta la calma che posso raccogliere dico al mondo che un non vedente sa prepararsi tutti i pasti possibili e immaginabili, sa apparecchiare e consumare in totale autonomia tutti questi pasti fino all’ultima briciola. E qui ci vorrebbe un bel “Tié!”! La seconda domanda si può dividere in due parti. Risppondendo alla prima parte che poi è il seguito della faccenda sulla colazione, posso solo ribadire che il non vedente adottando un diverso modo di fare è in grado di badare a se stesso in ogni situazione ed alcuni arrivano anche a diventare molto bravi nella cucina e nella cura della casa. Tranne poi le persone un pò svogliate come me che non sanno stirare ma non a causa del mio problema. Bensì, per motivi di non volontà nel fare quella determinata cosa. Qui c’è bisogno di un’altra battuta: “Mica noi non vedenti possiamo tutti permetterci una cura giornaliera negli istituti di bellezza?”. Alla nostra cura personale pensiamo noi come ci pensa chi non vuole essere sgradevole o maleodorante di fronte alla società. Vabbè! Mi sento anche ridicola a scrivere queste cose ma vi posso assicurare che queste domande sono davvere frequenti. La seconda parte, quella che chiede se i non vedenti camminano da soli ha bisogno di un post a parte. In quanto il camminare da soli dipende non dalla disabilità ma dal coraggio del non vedente. Si può utilizzare il bastone bianco o il cane guida per essere autonomi nei luoghi non conosciuti oppure ci si può affidare ad altre persone nel caso di chi non se la sente di affrontare il mondo esterno con il coraggio dei leoni. Perché c’è bisogno del coraggio dei leoni lo spiegherò nel post dedicato alla mobilità del non vedente. Ora credo di aver esaurito i pensieri di questo giorno. E se per assurdo qualcuno leggesse questo post lo invito aalmeno a divulgare ciò che è scritto al suo interno. Per eliminare i pregiudizi. “Voglio sempre trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso proprio non ce l’ha!”

martedì 23 ottobre 2007

...labirinto...




Il mistero del labirinto...in fondo anche la vita lo è. Seguiamo sempre la strada e ogni tanto sbagliamo, ci troviamo in un vicolo chiuso e così torniamo indietro...e cerchiamo cerchiamo...ma non sempre arriviamo al termine d'esso....


La morte....

Cosa sia la morte è quel che mi domando. Non voglio neanche mostrare quanto essa influisca su di noi. Errato è pensare che nel mondo perfetto la morte non debba esser una delle signore. Come si potrebbe infatti immaginare la vita senza la morte? Non sono uguali, è vero, ma ciò non toglie che esse non siano profondamente legate. Siamo costretti per forza maggiore ad ammettere che il mondo debba seguire i suoi dettami, che se non ci fosse la morte, noi saremo pur figli del dolore. Non potendo morire, ma non potendo neanche saziarci, perchè se non di morte, noi di cosa ci nutriamo? La mucca divenuta bistecca non è forse stata uccisa? Il grano tagliato dal suolo e privato della sua vita, non è forse nostro sostentamento?...A mio parere noi siamo figli della morte, ma non una morte malefica, ma in un certo qual modo positiva, l'incipit della stessa vita...e qualcuno potrebbe pensare che questa mia visione sia forse sbagliata, pur non ammettendo io stesso che questa sia la verità assoluta???

domenica 21 ottobre 2007

Domani nella battaglia pensa a me....




"Domani nella battaglia pensa a me,

e cada la tua spada senza filo.

Domani nella battaglia pensa a me,

quando io ero mortale,

e lascia cadere la tua lancia rugginosa.

Che io pesi domani sopra la tua anima,

che io sia piombo dentro al tuo petto

e finiscano i tuoi giorni in sanguinosa battaglia.

Domani nella battaglia pensa a me, dispera e muori"

Amore...

Mi chiedo perché nel mondo esista l'amore...perché la gente ama? Da cosa dipende questa facoltà? ...è vero come dicono alcuni che esso è frutto dell'istinto di sopravvivenza?... Ma non sarebbe spiacevole se fosse così? E poi, se anche ci trovassimo di fronte a questa, come la vera soluzione dell'enigma, perché ci sarebbe stata un'evoluzione verso questa forma di "sopravvivenza"? Perché non altre? Eppure stiamo di fronte all'infinito? Il signor.Universo non vorrà forse farmi credere che non poteva sviluppare altri modi??? O forse ha scelto il più bello...quello sicuramente più pericoloso, ma anche il più affascinante, quello che ti prende e ti imprigiona nella sua irresistibile forza...un lotta titanica a cui non si potrà vincere, io, tu e neanche Ovidio, che tanto lo considerava un gioco...o almeno diceva così...anche se cose diversa è ciò che uno fa rispetto a ciò che afferma....

venerdì 19 ottobre 2007

Santa Bernadette Soubirous...


Conservazione del corpo dopo il decesso.

Caso di non-decomposizione del corpo
Nome del soggetto in questione: Bernadette Soubirous (santa).
Data del decesso: 16 aprile 1879.
Età della morte: 35 anni.
Segni particolari prima del trapasso: serie impressionante di patologie e sofferenze morali.
Luogo del seppellimento: caveau, scavato nella terra, di una cappella nel giardino del convento di Saint Gildard.
Riesumazioni del cadavere:
Prima riesumazione:
Data: 1909
Rapporto dei medici: l’umidità era tale da aver distrutto gli abiti e il rosario, ma il corpo risultava intatto. Denti, unghie e capelli erano al loro posto. La pelle rimaneva elastica al tatto

"La cosa - scrissero i sanitari, confermati dai rapporti dei magistrati e dei
gendarmi presenti - non appare naturale, visto anche che altri cadaveri, sepolti nello stesso luogo, si sono dissolti e che l’organismo di Bernadette, flessibile ed elastico, non ha subito nemmeno una mummificazione che ne spieghi la conservazione"

Seconda riesumazione:
Data: 1919
Rapporto dei medici: la situazione descritta nel rapporto si presenta uguale a quella del 1909, nessun segno di dissoluzione, nessun odore sgradevole; la pelle risultava più scura rispetto a prima, ma ciò si pensò potesse essere dovuto al lavaggio del corpo avvenuto nel 1909.
Terza riesumazione:
Data: 1925
Rapporto dei medici: il corpo si presentava ancora intatto e fu quindi eseguita l’autopsia.
Rapporto dell’autopsia: gli organi interni risultavano perfettamente intatti, compreso il fegato.


Relazione relativa a questo primo caso preso in analisi:
Premetto che mi è impossibile o quanto meno difficile verificare l’autenticità dei dati raccolti: non sono riuscito a recuperare referti medici da fonti che si potessero dire sicure. Posso però mostrare due vie da seguire.
1) Il corpo è stato sottoposto a farmaci o ad altre sostanze che l’hanno preservato dalla decomposizione. Cito il caso di Rosalia Lombardo, deceduta nel dicembre del 1920 all’età di due anni, il cui corpo, trattato dal dott. Solafia, si è preservato del tutto intatto (aggiungo però che il trattamento sulla salma della bambina non è stato portato a termine). Tuttora il cadavere è custodito presso le catacombe dei cappuccini a Palermo in una normale teca di vetro. Intendo perciò affermare seguendo la prima soluzione che il corpo di Bernadette possa esser stato trattato con farmaci, anche se non è stata diffusa nessuna voce a riguardo.
2) Il corpo non ha subito trattamenti di alcun genere, per cui è necessario trovare una causa differente: - c’è la possibilità (anche se non ho basi su cui affermare ciò, dato che non possiedo tali conoscenze) che alcuni batteri o microrganismi abbiano mantenuto intatto il corpo nutrendosi degli stessi batteri che avrebbero dovuto decomporre la salma. - può darsi che il terreno della sepoltura avesse delle caratteristiche particolari nella sua composizione. - esiste un’altra causa non meglio identificabile.

Elogio della follia....

Comunque parlino solitamente di me i mortali, io sola tuttavia, io sola vi dico, rallegro con la mia divina potenza dei e uomini....

giovedì 18 ottobre 2007

Il tempo....

Parlare del tempo...ecco quando uno non ha argomenti di cosa inizia a discorrere. Lo so per esperienza, ti iniziano a raccontare del maltempo che si avvicina o del sole troppo caldo...come se non riuscissi a capire da solo il tempo...ufficio meteorologo a cielo aperto...orari: quando non si sa di che parlare.... mi infastidisce però se a discorrere del tempo siano i giovani...perché vuol dire che, quando su di loro sarà calata la piaga della vecchiaia, saranno ancora più noiosi degli anziani che ti parlano del tempo...e io penso che il mondo sia sufficientemente vasto per contenere un'infinità di argomenti. Non chiedo molto, vorrei solo che non ci si fermasse al tempo, in questo caso, o ad altri topoi...come la politica, il gossip e lo sport...non si parla più d'altro; si fa quasi fatica ad instaurare un dialogo; se non hai almeno la sufficienza in una di queste materie sei di sicuro scartato. E allora sembra di isolarsi, ma non è così..si diventa originali, si è fuori dagli schemi...si è liberi dal comun pensiero generale....

Babele....


La presunzione unì gli uomini a Babele
e per la stessa dovettero cadere,
ma se per amore fossero riuniti
mai piu sarebbero divisi

mercoledì 17 ottobre 2007

La fortuna c'è, ma dovete trovare dove si nasconde


Non so dirvi dove si trovi questo vicolo, ma sarei curioso di visitarlo...fortuna imperatrix mundi....o almeno così si dice nei carmina burana

Gentil donzella, di pregio nomata

Gentil donzella, di pregio nomata

Gentil donzella, di pregio nomata,
degna di laude e di tutto onore,
ché par de voi non fu ancora nata
né sì compiuta de tutto valore,
pare che 'n voi dimori onne fiata
la deità de l'alto deo d'amore;
de tutto compimento siete ornata
e d'adornezze e di tutto bellore:
ché 'l vostro viso dà sì gran lumera
che non è donna ch'aggia in sé beltate
ch'a voi davante non s'ascuri in cera;
per voi tutte bellezze so' afinate,
e ciascun fior fiorisce in sua manera
lo giorno quando vo' vi dimostrate.

(Guido Guinizelli 13° secolo)

Pochi versi meravigliosi...

Contessa, che è mai la vita?

E’ l’ombra di un sogno fuggente

la favola breve è finita,

il vero immortale è l’amor.

Opere umane...non opere dei famosi...grazie

Non so se ci sia qualcuno oltre a me che abbia mai riflettuto su quante opere umane siano andate perdute, in un certo senso, nel corso della storia. Non mi riferisco a documenti, testi, racconti o in generale a tutte quelle forme d'arte che sono state distrutte durante guerre o in periodi che si posso dire simili alle guerre per i loro effetti... Stavo pensando a ciò che pur riuscendo a sopravvivere alla minaccia degli anni, viene dimenticato perchè non è in "sintonia" con i programmi culturali che vengono trasmessi... Perchè solo alcuni autori sono scelti per essere ricordati??? Ciò che mi rattrista è pensare che ci siano stati uomini la cui unica iniziativa di vita sia stata quella di pubblicare qualcosa per diffondere cultura tra la gente, ma che ora non vengono neanche menzionati per l'impegno che hanno profuso...perchè nella chiesa di Santa Croce sono presenti le salme di Foscolo, di Machiavelli e di Galileo Galilei, mentre neanche un piccolo loculo è stato dedicato a coloro che hanno edificato la chiesa stessa...agli uomini che con il sudore della fronte hanno eretto il simulacro di quegli uomini...cosa non li ha resi degni di un tale onore???? Cosa???....? Come cosa e chi ha tolto a molti la possibilità si sostituirsi per i loro versi a Leopardi? Non è forse da considerare un'opera umana tutto ciò che porta alla realizzazione di qualcosa? Perchè non celebrare la grandezza degli uomini? Perchè accettare gli stermini di Giulio Cesare, la cui grandezza deriva solamente dalla fama da lui ottenuta presso i suoi concittadini???

E ora?

Sembra normale aprire un blog e poi non sapere che cosa scrivere, non perchè manchino le idee, ma piuttosto perchè si è nell'imbarazzo della scelta. Non m'ispirano i temi così diffusi, ma anche così banali che si trovano nei programmi televisivi...non è neanche mio desiderio parlare degli avvenimenti a livello globale, è ovvio che siano spunto di grandi disquisizioni pseudofilosofiche, ma comprendo già dal principio che non ci saranno cambiamenti pur ponendo tutta la buona volontà nel trattarli...almeno finché il tutto rimane su un piano prettamente teorico....e poi sinceramente il mondo è pieno di gente che blatera senza fornire un contributo pratico....si mi sto limitando a parlare senza approfondire nulla di ciò che dico, ma credo sia meglio così, altrimenti entrerei a far parte della schiera già ricca dei "ciancioni"(per conferire un appellativo semi-ironico).....ma allora dove arrivare? A che argomento giungere infine dopo tutte queste parole???

Salve

Salve...inizio con questo saluto a scrivere sul mio blog. Non intendo dare informazioni su di me; mi sono aperto questo spazio sul web solo per poter inserire e divulgare quello che mi interessa e possibilmente poter sperare che, su migliaia di navigatori di internet, qualcuno possa passare anche solo per un momento di qui...non so dire quali tematiche caratterizzeranno il blog, ma in fondo non credo sia importante per adesso...una cosa è sicura, non vorrei cadere nei soliti luoghi comuni così diffusi tra la gente...